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venerdì 31 ottobre 2008

Noi che... siamo sui 40...

"Noi". Magari molti lo conosceranno già, ma voglio proporre ugualmente sul mio blog almeno una parte di questo interessante elenco/poesia. Lo si trova integralmente ovunque sulla rete. Desidero anche ricollegarmi ai miei 3 post del 18 giugno: "il bambino che sono (siamo) stato" (2 post) e "là dove c'era l'erba ora c'è una città". "Noi" è dedicato a tutti quelli che... sono nati intorno alla fine degli anni '60-inizio '70. Come tutti i ricordi, anche "Noi" pecca di nostalgia, ma è comunque un elenco che ripercorre, sia pur per fugaci immagini, un'epoca che appartiene alla storia personale e collettiva di chi oggi è sulla quarantina. Un po' come l'immagine che accompagna il post, tanto cara all'autore: mia mamma comprava "il" sciroppo Fabbri (come lo chiamavo da bambino) e io adoravo menta e orzata. Per non parlare delle amarene e del vasetto, che devo ancora avere da qualche parte. Certi gesti, e quando si stimola la memoria i ricordi affiorano sempre più, oggi sono estranei persino a noi, gesti che facevano parte della nostra passata quotidianità, come il cambiare canale direttamente alla "tivì" (il telecomando in casa mia è arrivato dopo), il pagare con il gettone telefonico, il telefonare da una cabina e.... e i ricordi potrebbero continuare all'infinito. Se qualcuno vorrà aggiungerli alla lista, sottoforma di commenti, sarà il benvenuto. La nostra storia è fatta anche di questi particolari, che sembrano secondari, ma se li abbiniamo alla nostra famiglia, ai nostri compagni di classe, di gioco, ecc., beh, possono scatenare in noi sorrisi, risate, pianti, amarezza, serenità, tepore o freddezza.... non dipende certo dallo sciroppo, ma da come ti veniva versato....
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Noi
Noi che la penitenza era 'dire fare baciare lettera testamento'.
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Noi che ci sentivamo ricchi se avevamo 'Parco Della Vittoria e Viale Dei Giardini'.
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Noi che i pattini avevano quattro ruote e si allungavano quando il piede cresceva.
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Noi che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più figo.
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Noi che il Ciao si accendeva pedalando.
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Noi che suonavamo al campanello per chiedere se c'era l'amico in casa.
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Noi che dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.
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Noi che giocavamo a 'Indovina Chi?' e conoscevamo tutti i personaggi a memoria.
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Noi che giocavamo a nomi, cose, animali, città.. (e la città con la D era sempre Domodossola).
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Noi che ci mancavano sempre quattro figurine per finire l'album Panini.
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Noi che avevamo il 'nascondiglio segreto' con il 'passaggio segreto'.
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Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la bic.
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Noi che avevamo i cartoni animati belli!
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Noi che litigavamo su chi fosse più forte tra Goldrake, Mazinga e Daitan3.
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Noi che guardavamo La Casa nella Prateria anche se metteva tristezza.
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Noi che le barzellette erano Pierino, il fantasmaformaggino o un francese, un tedesco e un italiano.
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Noi che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.
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Noi che si andava in cabina a telefonare con i gettoni.
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Noi che c'era la Polaroid e aspettavi che si vedesse la foto.
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Noi che suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.
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Noi che ci sbucciavamo il ginocchio, ci mettevamo il mercuro cromo, e più era rosso più eri figo.
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Noi che nelle foto delle gite facevamo le corna e eravamo sempre sorridenti.
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Noi che quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa in tuta.
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Noi che a scuola ci andavamo da soli, e tornavamo da soli.
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Noi che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, la mamma te ne dava 2.
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Noi che se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, tornare a casa era un terrore.
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Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.
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Noi che si poteva star fuori in bici il pomeriggio.
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Noi che se andavi in strada non era così pericoloso.
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Noi che però sapevamo che erano le 4 perché stava per iniziare BIM BUM BAM.
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Noi che sapevamo che ormai era pronta la cena perché c'era Happy Days.
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Noi che il primo novembre era Tutti i Santi, mica Halloween.
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Noi che se la notte ti svegliavi e accendevi la tv vedevi il segnale di interruzione delle trasmissioni con quel rumore fastidioso.
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Noi che all'oratorio le caramelle costavano 50 lire.
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Noi che si suonava la pianola Bontempi.
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Noi che la merenda era la girella e il Billy all'arancia.
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Noi che guardavamo allucinati il futuro nel Drive In con i paninari.
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Noi che avere un genitore divorziato era impossibile.
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Noi che tiravamo le manine appiccicose delle patatine sui capelli delle femmine.
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Noi che abbiamo avuto tutti il bomber blu o verde con l'interno arancione e i miniciccioli nel taschino.
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Noi che quando avevi 18 anni era gia' tanto se papa' ti dava le chiavi della sua FIAT 127 per uscire da solo, dopo mesi che avevi la patente.
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Noi che si guardava Spazio1999 oppure UFO, o Hazzard.
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Noi che guardavamo i polizieschi: Starsky&Hutch, Baretta, Cannon, Mannix, Il Santo, Ironside, Perry Mason.
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Noi che siamo ancora qui e certe cose a volte le abbiamo dimenticate e sorridiamo quando ce le ricordiamo, noi che siamo stati queste cose, e gli altri non sanno cosa si sono persi.

venerdì 24 ottobre 2008

Vacanze rilassanti (per chi?)


Leggendo questo simpatico pezzo scritto da Camilla Cederna per "L'Europeo" il 05 agosto 1951 penso a delle vacanze del tutto differenti, ma allo stesso tempo simili: le mie, per meglio dire quelle dei miei genitori, dal 1969 al 1982, a Spotorno (Liguria), peraltro graziosa località marittima. Vacanze decisamente rilassanti, ma per chi? Sicuramente per me, lo stesso dicasi per mio padre. E mia madre? Diciamo un po' più rilassanti della solita routine casalinga, ma non troppo, a partire dalla preparazione dei bagagli, sino ad arrivare a destinazione, ossia la gestione quotidiana della casa presa in affitto. In fondo, la solita routine, con tempi più dilatati, maggiori spazi morti, ma sempre vita da casalinga. Rilassanti vacanze di massa - per tutti quegli italiani che amavano ed amano la vita da spiaggia - ma il lavoro seguiva inesorabilmente le nostre mamme/mogli, casalinghe ovunque.

lunedì 20 ottobre 2008

Figli non nati, parte di questa Italia...







Questo argomento non piace ai nostri politici e sembra interessare poco anche la cosiddetta società civile. Parlo dell’Interruzione Volontaria della Gravidanza, detta IVG. Guai a chiamarla uccisione di una vita perché la vita, magicamente, diventa tale solo alla 12° settimana di gestazione. E prima della 12° settimana? Un giorno prima della 12° settimana? Non è vita, perché se fosse tale e la uccidessimo, saremmo perseguiti penalmente. E invece la legge stessa ci insegna che l’aborto provocato entro le 12 settimane non costituisce reato. Dopo, spuntando magicamente la vita, sì, è reato. Prima, no. In Italia di aborto non si parla più poiché c’è la legge 194 del 22 maggio 1978. C’è, è viva e vegeta”, per buona pace di tutti, inclusi molti cristiani che sgranano rosari, sbaciucchiano statuette di Padre Pio e praticano l’aborto, non dico senza alcun travaglio interiore - specie nel caso in cui la creatura potrebbe nascere con malformazioni -ma lo praticano. I nostri politici non parlano più di aborto, o se ne parlano i toni sono tiepidi, per una semplice ragione: chi è favorevole alla liberalizzazione dell’aborto rappresenta un elettorato ormai trasversale. In definitiva, gli abortisti li trovi in ogni schieramento ed essendo questo un problema di coscienza, meglio non sollevarlo. Ma per chi considera la coscienza un fattore preminente nella propria vita, la tragedia di centinaia di migliaia di vite stroncate ogni anno in Italia prima del nascere, non può essere taciuta. Ed ecco quindi una sintesi di questa silenziosa tragedia, suggerita dal “Centro di aiuto alla vita” (si rimanda a questa utilissima panoramica in aiuto della vita: http://www.siticattolici.it/Associazioni_e_Movimenti_Ecclesiali/MpV_e_CAV/).
Onestamente non so se si potrà mai limitare sensibilmente la tragica pratica abortiva ormai legalizzata da 30 anni. Cionondimeno, chi è mosso dalla propria coscienza, da quella voce interiore che è frutto della Fede o della Sensibilità (perché non è necessario essere cristiani o credenti per sostenere posizioni nettamente anti-abortiste) non può mollare mai nella battaglia per la vita. Le ragioni che conducono una donna ad abortire sono molteplici, non di rado dettate da leggerezza, ignoranza, mancato sviluppo di una indispensabile interiorità (che si creda in Dio o meno). Ma c’è anche paura, disperazione, assenza di aiuto, forse perché chi le sta attorno non è maturo, genitori inclusi. Abrogare l’attuale legge sull’aborto (sto volutamente estremizzando) sarebbe una pazzia. “Va dove ti porta il cuore”, ma con i piedi ben saldi a terra! Certo è che per abbattere, drasticamente abbattere, la percentuale di uccisioni legalizzate di bambini e bambine (italiane, comunitarie ed extracomunitarie) in questo nostro triste Paese in preda ad un forsennato relativismo, bisognerebbe sviluppare una lunga (temporalmente parlando) politica che non vedo neppur lontanamente all’orizzonte, ossia il potenziamento, lo sviluppo nonché la creazione di strutture adeguatamente diffuse sul territorio (in stretto rapporto con le strutture ospedaliere) di sostegno alla famiglia e ai nuovi nati non desiderati; un più agevole iter per ottenere l’adozione di creature non desiderate; la diffusione della cultura della vita, nelle scuole (sin dalle elementari) e da parte delle istituzioni (pubblicità progresso)… ma questo ho paura che sia solo un pio desiderio, perché per molti, per moltissimi, questo è un Paese moderno, anche per aver acquisito tali diritti. Io non lo credo, senza però criminalizzare una delle due vittime di questa strage quotidiana: la futura madre, vittima di se stessa, della sua disperazione, della sua solitudine, della sua impreparazione. Una vittima a cui il “Centro di aiuto alla vita” offre il suo aiuto, senza giudicare, con discrezione, per il bene di tutti, della donna che sta per consentire a un medico (medicina, ossia “scienza che si occupa dello studio delle malattie, della loro prevenzione, diagnosi e terapia”) di premere il grilletto e della creatura che è vita sin dal suo concepimento, non sulla base di un credo cosiddetto religioso, ma per una semplice, oserei dire pleonastica, questione di buon senso: l’unione dell’ovulo con lo spermatozoo, che dà origine all’embrione, “stato precoce dello sviluppo di un organismo pluricellulare”, ossia vita al suo principio, che la legge (e parte della scienza!) afferma non essere vita fino alla 12° settimana. Domanda: e tutte quelle creature “aspirate” col metodo Karman dove finiscono? Neppure un funerale? No, naturalmente non si può fare il funerale a ciò che non è mai stato vivo.... e che io considero vivo, naturalmente.

domenica 5 ottobre 2008

L'Italia è fatta anche da questi uomini



Oggi ho visto questo pieghevole e immediatamente ho pensato al mio Blog, ho pensato alla nostra storia fatta di tante, troppe ombre, ma anche di Luci così intense che mai nessuno potrà spegnere, e questa non è retorica. E' la vita di don Puglisi, un uomo santo, indipendentemente dal credere o dal non credere. Invito alla lettura di questo intenso pieghevole e alla visita del sito http://www.padrepinopuglisi.net/. Grazie ad esso potrete, potremo, saperne di più, conoscere più a fondo un uomo che aveva la sola colpa di essere un uomo, forte della sua Fede. E ancora: il papa e la Sicilia, il delitto Puglisi, mafia e Vangelo incompatibili, ecc.

venerdì 3 ottobre 2008

Vale la pena di difendere questo Stato?



Questo lungo articolo apparso sul settimanale “Epoca” il 05 aprile 1978 è di grande interesse per tutta una serie di ragioni: le frammentarie informazioni che emergono dalle indagini delle forze dell’ordine, il dubbio che la nota, tristemente nota, foto di Aldo Moro nel “carcere del popolo” possa essere un montaggio e, elemento di grande valore morale, “la polemica sul ruolo degli intellettuali” durante i giorni del sequestro". “Vale la pena di difendere questo Stato?”, ci si domanda. E’ una domanda apparentemente assurda: certo che vale la pena! Lo Stato contro i terroristi, la scelta è chiara, no? E se la risposta non fosse così chiara, così netta, pur aborrendo i metodi delle BR? E se la risposta non fosse o bianco o nero? “Con mezzi terroristici – scrive l’acuto ed introspettivo Leonardo Sciascia – polemizzando col mio silenzio, vogliono che io dica o che bisogna difendere questo Stato così com'è, o che hanno ragione le Brigate Rosse. Tutta la mia vita, tutto quello che ho pensato e scritto, dicono che non posso stare dalla parte delle Brigate Rosse. E in quanto a riconoscermi nello Stato così com’è (e sarebbe più esatto dire com'era fino al rapimento dell'onorevole Moro), continuo a dire di no”. Leggendo le analisi, i commenti, le affermazioni contenute nell’articolo di Raffaello Uboldi, penso all’uomo Aldo Moro nella sua “cella”, vittima di una politica molto probabilmente impensabile, in quel contesto politico interno e soprattutto internazionale. Penso all’uomo, alle sue lettere, al nipotino Luca, al suo desiderio di Luce, di uno spiraglio… pensieri lontani dalla politica… oppure no? Uomo o Stato? Per Cirillo si privilegiò l’uomo… per Moro quello Stato in cui Sciascia non si riconosceva e che, profeticamente, comprese che l’affaire Moro avrebbe segnato uno spartiacque tra il prima e il dopo.